Andrić Ivo - 1945 - La signorina: romanzo by Andrić Ivo

Andrić Ivo - 1945 - La signorina: romanzo by Andrić Ivo

autore:Andrić Ivo
La lingua: ita
Format: mobi
editore: Arnoldo Mondadori
pubblicato: 1962-01-14T23:00:00+00:00


6.

Al a fine del 1919 la Signorina lasciò Sarajevo insieme con la madre. Presero con sé alcuni bauli e alcune valigie e imbal arono i mobili più necessari che affidarono poi a Veso con l’incarico di spedirli per ferrovia, appena gli avessero comunicato di aver trovato casa a Belgrado.

Il viaggio fu lungo, faticoso e sgradevole da ogni punto di vista. I treni andavano lentamente e senza orario. I vagoni non avevano vetri ai finestrini, i sedili erano rovesciati e da essi erano state tagliate via la pel e o la stoffa. La ressa era tale che singole persone, intraprendenti o screanzate, passavano attraverso i finestrini. E

coloro che si ammassavano al ’entrata e sedevano l’uno sul e gambe del ’altro oppure stavano in piedi per i corridoi, erano per lo più sudici e malvestiti, puzzavano di cipol a e di acquavite, si comportavano rozzamente e parlavano in modo volgare. Le stazioni incontrate sembravano essere uscite da un’invisibile inondazione: muri malconci, steccati infranti, piante calpestate. Il funzionario in berretto rosso che aspettava il treno sembrava un reo o un disgraziato. Per la prima volta la guerra appariva al a Signorina nel suo vero significato, con le devastazioni che provocava e le profonde tracce che si incidono rapidamente ma si cancel ano lentamente. Adesso si accorgeva di non averla neppure conosciuta bene in quei quattro anni, quando aveva lavorato ed ammucchiato, rifuggendo da tutto quel o che era difficile e pericoloso, senza partecipare quasi per niente al e sventure ed al e sofferenze generali, vivendo a casa sua, del suo, ed in tutto più o meno come al tempo di pace. Ora che, dopo le dissipazioni, s’era messa a fare questo viaggio, lungo e difficile, con l’incertezza del a fine, le sembrava che quanto era accaduto negli ultimi mesi non fosse neppure stato così intol erabile, e che aveva fatto male ad abbandonare Sarajevo. Dimenticò ben presto tutto quel o che la cacciava via da Sarajevo, e dinanzi ai suoi occhi c’erano continuamente tutte le perdite che quel a partenza comportava. La offendevano ed irritavano quel a fol a ed ogni sua mossa e parola, e ancora più la propria debolezza interiore e la sua esitazione. Tutto le dava fastidio, e soprattutto sua madre con la sua imperturbabile tranquil ità e col suo sorriso mite, la sua completa dedizione a ciascuno e ad ogni cosa. Aveva la sensazione di andare in esilio, oppure di sfuggirne, lei stessa non sapeva verso quale meta.

A Slavonski Brod aspettarono cinque intere ore per una coincidenza, in una fredda notte piovosa. E benché stessero molto attente, venne loro rubata una valigia. Questo oltrepassò la misura. Sul marciapiede scarsamente il uminato, accanto ad una grossa locomotiva che sbuffava bianco vapore, la Signorina si mise a stril are come se la squartassero. Invocò Dio e gli uomini contro quel a subdola rapina, ma la gente continuò a passare frettolosa accanto a lei, a spingerla e ad inciampare sul e sue valigie. Nessuna risposta, nessuna commiserazione, nessun aiuto. Con grande fatica



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